FINO AL
27 maggio 2023
CARMEN
Georges Bizet
Opéra-comique in quattro atti di Henry Méilhac e Ludovic Halévy
dal romanzo Carmen di Prosper Mérimée
Carmen Martina Belli
Don José Arturo Chacon Cruz
Escamillo Marco Caria
Micaela Laura Giordano
Dancairo, Alessio Verna
Remendado Saverio Fiore
Morales Gianni Giuga
Zuniga Massimiliano Catellani
Frasquita Anna Maria Sarra
Mercedes Chiara Tirotta
Orchestra dell’Emilia-Romagna “Arturo Toscanini”
Banda dell’Orchestra Giovanile della Via Emilia
Coro del Teatro Regio di Parma
Coro di Voci Bianche del Teatro Regio di Parma
Direttore Jordi Bernacer
Regia Silvia Paoli
Scene Andrea Belli
Costumi Valeria Donata Bettella
Luci Marcello Lumaca
Video Francesco Corsi
Coreografie Carlo Massari/C&C Company
Maestro del coro Martino Faggiani
Maestro del coro di voci bianche Massimo Fiocchi Malaspina
Coproduzione Fondazione Teatro Regio di Parma e Fondazione I Teatri di Reggio Emilia
“In questa messa in scena c’è, in particolare per me, la rivelazione di come anche questa sia l’ennesima storia di una donna vista attraverso gli occhi degli uomini”, spiega la regista Silvia Paoli, che ha firmato opere come Cenerentola, a Tenerife, Le Nozze di Figaro e Capuleti e Montecchi poi ripresi al Comunale di Bologna, Turandot per AsLiCo, Vent du Soir e Il Barbiere di Siviglia a Firenze, The Moth Princess in Oman, Otello per Progetto 200.com a Como, Enrico di Borgogna a Bergamo.
“Tutta la vicenda è in realtà una soggettiva, è la confessione di un condannato a morte, e quello che viene raccontato si svolge attraverso due morti, quella avvenuta di Carmen e quella decretata di Don José – prosegue Silvia Paoli – Mi è sembrato dunque importante concentrare l’attenzione sul fatto che Carmen non esista in realtà se non attraverso le parole del suo assassino e che quindi il vero protagonista della vicenda sia Don José, colui che porta avanti l’azione. Non sappiamo nulla di Carmen che non sia in relazione a lui, Carmen non cambia, Don José si trasforma in nome di una passione (che mi guardo bene dal chiamare amore) vissuta in maniera ossessiva, malata, che lo porta a non tollerare l’idea di non poter più possedere quello che vuole; una storia che potremmo benissimo leggere anche oggi sulla cronaca di qualsiasi quotidiano. Ho pensato quindi a una prigione e all’intera vicenda non tanto come un flashback quanto piuttosto a un ricordo ossessivo di Don José che rivive dalla sua cella l’incontro con Carmen e l’epilogo tragico della sua storia, raccontandoselo e deformandolo attraverso l’immaginazione, il proprio punto di vista. La memoria affiora dalla scatola degli oggetti personali e quindi il fiore, la foto di Micaela, un ritaglio di giornale, della sabbia in una scarpa, che rievocano spazi e situazioni. L’immagine di Carmen e della loro storia è così assillante che Don José arriva a confondere la realtà con la memoria, tanto da deformare perfino il quotidiano, in una spirale che lo condurrà ad immedesimarsi con ciò che ricorda, a vivere continuamente fra sogno e veglia senza quasi più poterli distinguere. Essendo gli anni Sessanta un periodo in cui per le donne comincia a realizzarsi un processo di emancipazione (ricordo che in Italia il reato di adulterio è stato abolito nel 1968 e il delitto d’onore solo nel 1981) e si mettono in discussione i pilastri del patriarcato mi sembrava giusto collocare la vicenda in quegli anni, dove il sogno di molti uomini continua ad oscillare fra la moglie devota e l’amante lasciva (la Santa e il demonio, Micaela e Carmen) ma per “il sesso debole” si aprono prospettive di crescita e ribellione. In tutta l’opera le donne vengono considerate alla stregua di una merce, vanno pagate, esistono in quanto sigaraie (donne facili e leggere) o per distrarre doganieri con sorrisi e parti del corpo; è un occhio maschile quello che guarda, la realtà è filtrata, è un uomo che parla. Sono convinta che per parlare di femminicidio senza retorica sia necessario più che mai che Carmen muoia; chiamare chi l’ha uccisa non “amante tradito” o “fidanzato geloso” ma assassino e metterlo in prigione è un modo per rendere giustizia a Carmen e a tutte le donne che vogliono essere loro stesse, a prescindere dai desideri degli altri”.
Extra
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TEATRO VALLI DI REGGIO EMILIA
Il maestoso Teatro Municipale Valli, circondato dai giardini pubblici, copre un’area di 3.890 mq. Ospita annualmente una prestigiosa stagione lirica e concertistica oltre ad una ricca rappresentazione di danza e spettacoli di musical e di teatro musicale. Dispone di un archivio mediateca e di una discoteca storica aperti al pubblico. ll complesso fu costruito tra il 1852 e il 1857, secondo il progetto dell’architetto modenese Cesare Costa ed appare oggi praticamente invariato rispetto al momento inaugurale. Nel 1980 è stato dedicato all’attore reggiano Romolo Valli.
La Bohème
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13 ottobre 2019 - ore 15.30
Turandot
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19 gennaio 2020 - ore 15.30
Falstaff
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26 gennaio 2020 - ore 15.30
Cavalleria Rusticana e Pagliacci
Teatro Valli di Reggio Emilia
9 febbraio 2020 - ore 15.30
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8 marzo 2020 - ore 15.30
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10 aprile 2020 - ore 18.00
Madama Butterfly
Teatro Comunale di Ferrara
4 maggio 2020 - ore 20.00
OTHERNESS, FEAR AND DISCOVERY
Teatro Comunale di Modena
8 maggio 2020 - ore 20.00
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